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al testo di Maria benedetta cerro
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La finzione della gioia
Prologo Claudicante, sola, ubriaca, folle. Ferita, ignorata, esposta alla caduta è colei che dall’ombra è irrimediabilmente scissa. Non temere le folgori – mi dice – hanno i bagliori del vero. Luminose ferite apre la gioia nell’abisso. Così puoi vedere per un attimo nel fondo splendere la perla. Cantala piano, scagliala a distanza. Nel buio dell’indifferenza, prima o poi splenderà. Annuncio Sarebbe tornata la gioia. Con archi e corni le soglie ne furono informate e per sempre fu chiara la lingua dell’abisso. Conosceva la dimora delle parole ne pronunciava il senso. Sprigionava nei labirinti cornucopie di luce perché si riconoscessero e insieme danzassero tutte le armonie. Celebrava sponsali, scioglieva legami uncinati e con braccia tonanti benediceva nati e nascenti. Le righe fluivano come immagini dietro il buio dei ciechi. Ogni grido riconobbe la sua bocca. Le labbra a forma di bacio intonarono inni di festa. Modulazione Io ti riconosco mia promessa attraversare l’estate con il canto in gola e di vocali piumate prolungare il giorno. Il nume che ha messo la sapienza al sommo dei luoghi elevati ti segnò la fronte. Volo Con rumore d’acqua spiegò alte le ali. Ebbe l’azzurro rami di cristallo bocca sonora la fonte dell’abisso e alveo la pietra. In concentrici anelli raccolse i giri della morte. Finché li stringe in pugno non v’è chiave che disserri le sue porte. |
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